Un Doblò per Totò

31 maggio, 2010

Manovra, Draghi promuove i tagli "Evasione causa della macelleria sociale"

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Per via Nazionale la manovra era "inevitabile", ma ne vanno monitorati gli effetti e soprattutto bisogna agire per favorire la ripresa. Per questo, servono riforme strutturali. Il mercato del lavoro deve offrire prospettive ai giovani. Dall'euro "non si torna indietro"

ROMA - La manovra economica approvata dal consiglio dei Ministri arriva al momento giusto e interviene in modo corretto, riducendo la spesa primaria, ma "la correzione dei conti pubblici va accompagnata con il rilancio della crescita". Nelle "Considerazioni finali" lette stamane all'Assemblea ordinaria dei Partecipanti il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi esprime un giudizio positivo sulle misure della finanziaria: "Nelle nuove condizioni di mercato era inevitabile agire, anche se le restrizioni di bilancio incidono sulle prospettive di ripresa a breve dell'economia italiana". Una medicina amara, dunque, ma indispensabile sulla quale via Nazionale si riserva comunque "un attento scrutinio degli effetti, per garantire il conseguimento degli obiettivi". Soprattutto, Draghi ricorda che la crisi rende ancora più urgenti le riforme strutturali, necessarie al rilancio del Paese: "La caduta del prodotto accresce l'onere per il finanziamento dell'amministrazione pubblica; i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancora più insopportabili; la stagnazione distrugge capitale umano, soprattutto tra i giovani". Riferendosi ai guasti dell'evasione fiscale, il governatore della Banca d'Italia, con una soprendente aggiunta 'a braccio' al testo scritto, parla di "macelleria sociale", espressione cara agli esponenti dell'estrema sinistra, che Draghi definisce "rozza ma efficace". "Se l'Iva fosse stata pagata il nostro rapporto tra il debito e il Pil sarebbe tra i più bassi dell'Unione Europea", spiega. La sfida di oggi, conclude dunque il governatore, è quella di "coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita".

LE "CONSIDERAZIONI FINALI" DI DRAGHI
Una regolamentazione universale per la finanza. La lezione della crisi è però molto più ampia, e naturalmente va ben oltre i confini italiani, ricorda Draghi: "La crisi ci ha ricordato in forma brutale l'importanza dell'azione comune, della condivisione di obiettivi, politiche, sacrifici. E' una lezione che vale per il mondo, per l'Europa, per l'Italia". Il governatore della Banca d'Italia sottolinea pertanto ancora una volta l'importanza di una regolamentazione "universale, almeno nei suoi principi fondamentali", "dell'industria dei servizi finanziari". "Rafforzare le difese del sistema è indispensabile, nei singoli paesi e a livello internazionale. Fare banca sarà meno redditizio ma anche meno rischioso", afferma Draghi.

Dall'euro non si torna indietro.
C'è anche un'altra importante lezione che la Banca d'Italia invita a cogliere dalla crisi, e in particolare dai suoi ultimi sviluppi europei, con riferimento alla Grecia: "Se è stato illusorio pensare che la moneta da sola potesse 'fare' l'Europa, oggi l'unica via è quella di rafforzare la costruzione europea nella politica, con un governo dell'Unione più attivo, nella disciplina dei bilanci pubblici e nel progresso delle riforme strutturali, con un nuovo patto di stabilità e crescita al tempo stesso più vincolante e più esteso". Tenendo presente che, per via Nazionale, "l'euro vive con tutti i suoi membri, grandi e piccoli, forti e deboli". Dall'euro, insomma, ammonisce Draghi, "non si torna indietro".
Gli effetti della crisi: famiglie e imprese. Le conseguenze della crisi per l'Italia sono state drammatiche: nel biennio 2008-2009 il Pil è sceso di 6 punti e mezzo, "quasi la metà di tutta la crescita che si era avuta nei dieci anni precedenti", ricorda Draghi. E ancora: "Il reddito reale delle famiglie si è ridotto del 3,4 per cento, i loro consumi del 2,5 per cento. Le esportazioni sono caudte del 22 per cento". "L'incidenza della Cassa integrazione guadagni sulle ore lavorate nell'industria è salita al 12 per cento alla fine del 2009. L'occupazione è diminuita dell'1,4 per cento; il numero di ore lavorate del 3,7 per cento. I fallimenti d'impresa sono stati 9.400 nel 2009, un quarto in più rispetto all'anno precedente". Anche se una parte delle imprese si era invece attrezzata ad affrontare il peggio: "Stanno soffrendo sopratutto le imprese più piccole, spesso dipendenti da rapporti di subfornitura. Le aziende che avevano avviato processi di ristrutturazione prima della crisi hanno retto meglio l'urto; oggi presentano delle prospettive migliori", tanto da prevedere per il 2010 "un aumento del fatturato di 3 punti superiore a quello di imprese simili non ristrutturate". E' anche una questione di dimensioni: "Tra le imprese industriali con 50 e più addetti che hanno investito in ricerca e sviluppo nel triennio precedente la crisi, l'aumento previsto del fatturato è di oltre il 6 per cento".
Gli effetti positivi della politica economica. E' andata male, ma sarebbe potuta andare peggio. A fare la differenza è stata la politica economica, sottolinea Draghi: "La politica economica ha limitato il danno, in una misura stimabile in due punti di Pil, attribuibili per circa un punto alla politica monetaria, per mezzo punto agli stabilizzatori automatici inclusi nel bilancio pubblico, per il resto alle misure di ricomposizione di entrate e spese decise dal governo". E di conseguenza, "la crescita del disavanzo pubblico è risultata inferiore a quella delle altre economie avanzate".
Manovra tempestiva e "inevitabile". A questo punto però è diventato inevitabile prendere "misure dirette al rientro del disavanzo", che la crisi ha comunque ampliato. La manovra approvata dal governo va pertanto nella giusta direzione, a giudizio di via Nazionale: "Il rapporto tra debito pubblico e Pil era diminuito di 187 punti percentuali tra il 1994 e il 2007. In questo biennio di recessione è aumentato di 12 punti, al 115,8 per cento. Nelle nuove condizioni di mercato era inevitabile agire, anche se le restrizioni di bilancio incidono sulle prospettive di ripresa a breve dell'economia italiana".
Ma va coniugata con il ritorno alla crescita. Tagliare la spesa è indispensabile, ma l'Italia deve tornare crescere. La sfida di oggi, sottolinea Draghi, è quella di "coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita". Una sfida che "si combatte facendo appello agli stessi valori che ci hanno permesso insieme di vincere le sfide del passato: capacità di fare,  equità,; desiderio di sapere, solidarietà".
Gli evasori responsabili della "macelleria sociale". Per crescere servono anche le riforme. Innanzitutto deve essere combattuta in modo radicale l'evasione fiscale, gravoso freno alla crescita "perché richiede tasse più elevate per chi le paga; riduce le risorse per le politiche sociali, ostacola gli interventi a favore dei cittadini con redditi modesti". Il governatore fa una piccola ma durissima aggiunta a braccio al testo scritto: "Credo che gli evasori siano tra i responsabili della macelleria sociale, espressione rozza, ma efficace". Il valore aggiunto sommerso, secondo stime dell'Istat, ricorda Draghi, ammonta al 16 per cento del Pil. Tra il 2005 e il 2008 è stato evaso il 30 per cento della base imponibile dell'Iva: "in termini di gettito, sono oltre tre miliardi l'anno, 2 punti di Pil". Tanto che "se l'Iva fosse stata pagata il nostro rapporto tra il debito e il Pil sarebbe tra i più bassi dell'Unione Europea". "Combattere l'evasione", a giudizio della Banca d'Italia, "deve essere una leva di sviluppo", anche attraverso la riduzione delle aliquote: "il nesso tra le due azioni va reso visibile ai contribuenti".
Il mercato del lavoro: giovani sempre più a disagio. Tra le riforme non rinviabili c'è quella del mercato del lavoro, che deve "superare la segmentazione e stimolare la partecipazione", soprattutto dei giovani, il cui disagio, ricorda Draghi come già aveva fatto qualche giorno fa l'Istat nel Rapporto Annuale, è stato fortemente acuito dalla crisi. "Nella fascia di età tra 20 e 34 anni la disoccupazione ha raggiunto il 13 per cento nella media del 2009. sottolinea il governatore della Banca d'Italia - La riduzione rispetto al 2008 della quota di occupati tra i giovani è stata quasi sette volte quella osservata tra i più anziani. Hanno pesato sia la maggiore diffusione fra i giovani dei contratti di lavoro a termine sia la contrazione delle nuove assunzioni, del 20 per cento". Urge allora una riforma vera, anche perché "i giovani non possono da soli far fronte agli oneri crescenti di una popolazione che invecchia", e perché la "disoccupazione persistente" nelle fasi iniziali della carriera lavorativa "tende ad associarsi a retribuzioni successive permanentemente più basse". Aprire il mercato del lavoro ai giovani non significa certo aggravare il conflitto generazionale, tutt'altro, rileva Draghi: "I paesi europei ad alto tasso di occupazione nella fascia 55-64 anni sono anche quelli con la maggiore occupazione giovanile".
Riforma pensioni. La relazione di Draghi contiene anche un apprezzamento per la riforma delle pensioni: "Nel 2009 il governo ha compiuto un passo importante collegando in via automatica, dal 2015, l'età minima di pensionamento alla variazione della speranza di vita". Nella stessa direzione "si muovono gli interessi sulle cosiddette finestre e sulla normativa per le donne nel pubblico impiego". Per cui adesso, conclude Draghi, "il processo di riforma del sistema pensionistico potrà essere completato con misure volte a uniformare gradualmente le età di pensionamento dei diversi gruppi di lavoratori, rendere più tempestivi gli aggiustamenti dei coefficienti del regime contributivo, offrire maggiore flessibilità nel pensionamento".
Combattere la corruzione, rilanciare il Mezzogiorno. Nelle "Considerazioni finali" il governatore torna più volte sulle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, e sul loro vero significato, che è uno solo: bisogna superare il divario tra Nord e Sud , che frena lo sviluppo dell'intero paese. E per farlo, occorre combattere la corruzione e la criminalità organizzata: "Studi empirici dimostrano che la corruzione frena lo sviluppo economico. Stretta è la connessione tra la densità della criminalità organizzata e il livello di sviluppo: nelle tre Regioni del Mezzogiorno in cui si concentra il 75 per cento del crimine organizzato (Sicilia, Calabria e Campania, ndr) il valore aggiunto pro capite del settore privato è pari al 45 per cento di quello del Centro Nord".
I valori dell'Italia unita. Così come sottolinea l'importanza di un'unione monetaria inclusiva anche dei paesi più deboli, Draghi chiede un'Italia che riscopra i suoi valori unitari, e senza temere di cadere nella retorica fa due esempi, riferiti al passato. "La più grande sfida sul piano delle riforme strutturali fu affrontata quando l'Italia appena unita entrò nel consesso europeo con il 75 per cento di analfabeti, contro il 30 per cento del Regno Unito e il 10 per cento della Svezia". Una sfida vinta, una vittoria "alla base del miracolo economico dell'ultimo dopoguerra". Draghi ricorda poi anche la grave crisi di bilancio del 1992: anche in questo caso una sfida difficile vinta dal paese, con tutte le sue componenti.

di ROSARIA AMATO

(31 maggio 2010)

Articolo tratto da www.repubblica.it

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