Un Doblò per Totò

07 marzo, 2010

Napolitano: "Diritto al voto andava garantito" il Pd lo difende, Di Pietro parla di impeachment

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Il capo dello Stato replica alle contestazioni dopo l'approvazione del decreto salva-liste
"C'erano in gioco le norme e i diritti dei cittadini, beni egualmente preziosi"

Il leader Idv: "Il presidente correo". I Democratici fanno muro intorno al Colle
Fini e Schifani: "Critiche inaccettabili a chi gode della fiducia di tutti gli italiani"

ROMA - Giorgio Napolitano sceglie il sito internet del Quirinale, risponde alle lettere di due cittadini - uno pro e uno - per replicare alle critiche dopo la firma del decreto interpretativo salva-liste. Una decisione obbligata poiché, spiega il capo dello Stato, c'erano "in gioco le norme e diritti dei cittadini" che sono "ugualmente preziosi" e "non era sostenibile l'esclusione del candidato e della lista del Pdl". In un passaggio, precisa che il testo "successivamente elaborato" dal Viminale e dalla presidenza del Consiglio "non ha presentato a mio avviso evidenti vizi di incostituzionalità", "diversamente dalla bozza di decreto prospettatami dal governo in un teso incontro di giovedì sera".
Il problema da risolvere, spiega Napolitano, era "quello di garantire che si andasse dovunque alle elezioni regionali con la piena partecipazione dei diversi schieramenti politici". "Non era sostenibile che potessero non parteciparvi nella più grande regione italiana il candidato presidente e la lista del maggior partito politico di governo, per gli errori nella presentazione della lista contestati dall'ufficio competente costituito presso la corte d'appello di Milano". Il presidente rileva che "erano in gioco due interessi o 'beni' entrambi meritevoli di tutela: il rispetto delle norme e delle procedure previste dalla legge e il diritto dei cittadini di scegliere col voto tra programmi e schieramenti alternativi. Non si può negare che si tratti di 'beni' egualmente preziosi nel nostro Stato di diritto e democratico".
Non ci sta Antonio Di Pietro. Parla di impeachment e accusa Napolitano di "correità" poiché avrebbe - sostiene - collaborato alla stesura del provvedimento. Duro il commento dei presidenti di Camera e Senato. Quella di Di Pietro è una "posizione inaccettabile" dice Gianfranco Fini; "il capo dello Stato gode della fiducia di tutti gli italiani", ribadisce Renato Schifani. Sulla stessa linea il resto dell'esecutivo, da Umberto Bossi a Claudio Scajola a Roberto Maroni. Il Pd fa muro intorno al presidente. Bersani: "E' una vittima, come tutti gli italiani. La colpa è di Berlusconi e del suo governo".

 

Di Pietro attacca il Colle. Il leader dell'Idv accusa il presidente di comportamento "pilatesco". Non solo. "Ho appreso che il Quirinale avrebbe partecipato attivamente alla stesura del testo. Se così fosse sarebbe correo visto che, invece di fare l'arbitro, avrebbe collaborato per cambiare le regole del gioco mentre la partita era aperta". In base a ciò, insiste Di Pietro, "c'è la necessità di capire il ruolo di Napolitano in questa sporca faccenda onde valutare se non ci siano gli estremi per promuovere l'impeachment nei suoi confronti per aver violato il suo ruolo e le sue funzioni". Più tardi commenterà anche la lettera, definendola "una giustificazione inconcepibile e democraticamente pericolosa". Quanto all'esigenza, espressa dal capo dello Stato, di permettere al Pdl di partecipare al voto nel Lazio e in Lombardia, si chiede come mai la regola "non sia valsa per tutte le altre forze politiche non ammesse in altre Regioni per mancanza di requisiti" e perché "nessuno dei precedenti presidenti ha mai avallato una simile soluzione pur essendosi presentati centinaia di casi analoghi". Insiste: il decreto "è stato uno sfregio alla legalità e alla democrazia apportato da un governo parafascista" e "questo comportamento non è da arbitro imparziale, come richiederebbe il ruolo ricoperto da Napolitano. Chi si rifiuta di ammetterlo è un pavido o un ipocrita".
Il Pd difende il Quirinale. Bersani, Fassino e D'Alema, Violante, il vicecapogruppo al Senato Latorre: il Pd fa muro intorno al capo dello Stato. Quella di Di Pietro, si commenta, è "una posizione assolutamente inaccettabile", né è corretto addossare addossare la responsabilità della vicenda al capo dello Stato: "Non c'entra niente, al contrario è una vittima, come tutti i cittadini, mentre la colpa è tutta di Berlusconi, del governo e della sua maggioranza".
Il governo sta con Napolitano. Se Fini e Schifani difendono Napolitano, il primo invocando "rispetto fra le istituzioni", il secondo ribadendo "la piena fiducia e la solidarietà dell'intero Paese alla saggezza, all'autorevolezza, all'equilibrio del capo dello Stato", l'esecutivo stigmatizza il comportamento del leader dell'Idv e conferma la propria fiducia al capo dello Stato. "Ogni giorno che passa, vicenda dopo vicenda - osserva Umberto Bossi - Napolitano si dimostra un ottimo presidente". Quello di Di Pietro è "un attacco eversivo e disgustoso", dice il ministro dell'Interno Roberto Maroni. Mentre Claudio Scajola lo definisce "uno sfasciacarrozze, bravissimo a demolire", "ma non ha mai costruito niente e non ha mai avuto rispetto per le persone, mi pare che non abbia un ruolo di capacità di governo e nessuno glielo vorrà mai dare".
Di seguito, la risposta di Giorgio Napolitano alle due lettere:
Egregio signor Magni, gentile signora Varenna, ho letto con attenzione le vostre lettere e desidero, vostro tramite, rispondere con sincera considerazione per tutte le opinioni dei tanti cittadini che in queste ore mi hanno scritto.
Il problema da risolvere era, da qualche giorno, quello di garantire che si andasse dovunque alle elezioni regionali con la piena partecipazione dei diversi schieramenti politici. Non era sostenibile che potessero non parteciparvi nella più grande regione italiana il candidato presidente e la lista del maggior partito politico di governo, per gli errori nella presentazione della lista contestati dall'ufficio competente costituito presso la corte d'appello di Milano. Erano in gioco due interessi o "beni" entrambi meritevoli di tutela: il rispetto delle norme e delle procedure previste dalla legge e il diritto dei cittadini di scegliere col voto tra programmi e schieramenti alternativi. Non si può negare che si tratti di "beni" egualmente preziosi nel nostro Stato di diritto e democratico.
Si era nei giorni scorsi espressa preoccupazione anche da parte dei maggiori esponenti dell'opposizione, che avevano dichiarato di non voler vincere - neppure in Lombardia - "per abbandono dell'avversario" o "a tavolino". E si era anche da più parti parlato della necessità di una "soluzione politica": senza peraltro chiarire in che senso ciò andasse inteso. Una soluzione che fosse cioè "frutto di un accordo", concordata tra maggioranza e opposizioni?
Ora sarebbe stato certamente opportuno ricercare un tale accordo, andandosi al di là delle polemiche su errori e responsabilità dei presentatori delle liste non ammesse e sui fondamenti delle decisioni prese dagli uffici elettorali pronunciatisi in materia. In realtà, sappiamo quanto risultino difficili accordi tra governo, maggioranza e opposizioni anche in casi particolarmente delicati come questo e ancor più in clima elettorale: difficili per tendenze all'autosufficienza e scelte unilaterali da una parte, e per diffidenze di fondo e indisponibilità dall'altra parte.
Ma in ogni caso - questo è il punto che mi preme sottolineare - la "soluzione politica", ovvero l'intesa tra gli schieramenti politici, avrebbe pur sempre dovuto tradursi in soluzione normativa, in un provvedimento legislativo che intervenisse tempestivamente per consentire lo svolgimento delle elezioni regionali con la piena partecipazione dei principali contendenti. E i tempi si erano a tal punto ristretti - dopo i già intervenuti pronunciamenti delle Corti di appello di Roma e Milano - che quel provvedimento non poteva che essere un decreto legge.
Diversamente dalla bozza di decreto prospettatami dal Governo in un teso incontro giovedì sera, il testo successivamente elaborato dal Ministero dell'interno e dalla Presidenza del consiglio dei ministri non ha presentato a mio avviso evidenti vizi di incostituzionalità. Né si è indicata da nessuna parte politica quale altra soluzione - comunque inevitabilmente legislativa - potesse essere ancora più esente da vizi e dubbi di quella natura.
La vicenda è stata molto spinosa, fonte di gravi contrasti e divisioni, e ha messo in evidenza l'acuirsi non solo di tensioni politiche, ma di serie tensioni istituzionali. E' bene che tutti se ne rendano conto. Io sono deciso a tenere ferma una linea di indipendente e imparziale svolgimento del ruolo, e di rigoroso esercizio delle prerogative, che la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica, nei limiti segnati dalla stessa Carta e in spirito di leale cooperazione istituzionale. Un effettivo senso di responsabilità dovrebbe consigliare a tutti i soggetti politici e istituzionali di non rivolgersi al Capo dello Stato con aspettative e pretese improprie, e a chi governa di rispettarne costantemente le funzioni e i poteri.
Cordialmente, Giorgio Napolitano


(06 marzo 2010)

Articolo tratto da www.repubblica.it

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