Un Doblò per Totò

11 dicembre, 2009

«Noi, ladre per disperazione»: due donne si denunciano alla polizia

Angela ha 51 anni, due figli disabili di 10 e 23 anni a carico, e un marito disoccupato. Fabiana di anni ne ha 36, una figlia di 12 anni che vive attaccata a una macchina salvavita e un marito invalido.

Pronte a rubare per disperazione. Due madri sassaresi si autodenunciano alla polizia, esasperate per la mancanza di un lavoro e dell'assistenza delle Istituzioni. Angela ha 51 anni, due figli disabili di 10 e 23 anni a carico, e un marito disoccupato. Fabiana di anni ne ha 36, una figlia di 12 anni che vive attaccata a una macchina salvavita, e un marito invalido al settantacinque per cento. Dopo aver bussato a tutte le porte possibili, ieri si sono presentate in Questura: «Siamo qui per fare una denuncia», hanno detto al funzionario di turno, aggrappandosi una all'altra per farsi coraggio. «Noi da oggi andiamo a rubare nei supermercati, perché non abbiamo più i soldi nemmeno per fare la spesa». Niente da fare, la denuncia preventiva non è prevista dal codice. In Questura le due donne raccolgono giusto la solidarietà del personale in divisa. Per il resto dovranno continuare a sperare in un miracolo. IL PALAZZONE Poche ore più tardi Angela spalanca le porte della sua casa popolare di via Leoncavallo, quartiere Santa Maria di Pisa, uno dei rioni più difficili di Sassari, per raccontare la sua storia. L'ascensore si ferma al nono piano di un palazzone-alveare che sembra un tempio dello sconforto. Nell'appartamento impeccabile papà Michele apre la porta con il sorriso sulle labbra. In cucina c'è Giada, guarda i cartoni alla televisione e saluta sfoderando un sorrido che fa accapponare la pelle. Sta seduta su una sedia dalla quale non può muoversi, se non con l'aiuto dei genitori. È affetta da una serie di patologie impossibile da elencare. Basta dire che ha 10 anni, e da quando è nata ha dovuto subire ventidue interventi chirurgici che le hanno consentito di essere ancora viva. Parla a stento, non cammina, ma capisce ogni parola. E ha un attaccamento quasi ossessivo verso babbo Michele. Che ricambia con coccole infinite e lacrime inconfessabili. Accanto a Giada c'è anche Mirko, il fratellone di 23 anni, che soffre del morbo di Addison, una malattia che a dispetto dell'apparenza (Mirko è un ragazzone di un metro e novanta per quasi cento chili), lo rende fragile come un fuscello. Insieme a mamma Angela formano una famiglia meravigliosa, minata dalla disperazione. Michele e Angela sono disoccupati. Tirano avanti con lavoretti occasionali e con l'assegno di accompagnamento da 470 euro il mese per i due figli disabili.

OSSESSIONE LAVORO «Con la mia amica Fabiana siamo andate in questura perché non sappiamo più come fare», spiega Angela. «Quest'anno il Comune ci ha negato lo stato di estrema povertà e il contributo di mille euro che ci ha concesso in passato. Nostra figlia ha bisogno di cure, abbiamo chiesto il ricovero in un centro specializzato a Guspini, dove con gli esercizi adeguati potrebbe riuscire a camminare, ma la Asl ce lo ha negato. Dovremmo viaggiare ogni giorno per due ore di terapia, ma non ce lo possiamo permettere». Dal Comune di Sassari hanno deposto le armi: «Abbiamo chiesto un incontro con il sindaco, ma era occupato», continua Angela. «La mia amica Fabiana e io siamo state ricevute dal capo di Gabinetto, ma ci ha detto che il Comune non ha risorse, deve assistere cinquemila famiglie in difficoltà e non ha i soldi per aiutare tutti». I genitori di Giada non implorano l'elemosina: «Io non chiedo niente a nessuno», spiega Michele mentre accarezza la testa della figlia lasciando scorrere qualche lacrima di commozione e rabbia, «vorrei solo un lavoro». Un lavoro per non dipendere dagli altri, per potere andare a letto tranquillo, sapendo di poter contare su uno stipendio. Giada lo abbraccia, si aggrappa alla sua testa, e avvicinando le labbra all'orecchio gli urla gioiosa, «babbo ti amo». Di giorno Giada si muove solo grazie ai genitori, di notte vive grazie a un macchinario ventilatore, che con la bombola di ossigeno e un aspiratore le permette di respirare. I suoi genitori, per respirare, chiedono almeno un lavoro.

GLI AMICI Un centinaio di metri più lontano, in via Monteverdi, la situazione è altrettanto tragica. Mamma Fabiana è giovane e forte, è attorniata da parenti volenterosi, ma ha la stessa condanna di Angela. Né lei né il marito hanno un lavoro. Hanno due figli da crescere, e uno, Sharon, di 12 anni, è costretta a vivere in un mondo sterile. È in attesa si un trapianto multiviscerale: per sperare in una vita normale, quasi, deve sperare nel trapianto di stomaco, intestino, fegato, pancreas. Da dodici anni vive attaccata a una macchina e una sfilza di tubi. Quest'anno non va nemmeno a scuola. Gli altri anni la accompagnava mamma Fabiana, restando per tutto il tempo al suo fianco.

VIA DA SCUOLA Questa volta la mamma non ha potuto rimanere accanto a lei: alla scuola media numero 10 non possono garantirle l'assistenza necessaria, e Sharon resta a casa. Nella sua stanza si entra con mascherina sul volto, cuffietta, e camice. Lei è seduta su un divano, smanetta con un videogioco portatile e seminascosta da una mascherina antigermi, solleva timida lo sguardo per ricambiare educatamente il saluto. Ha le unghie smaltate come una qualsiasi teenager, ed è un tutt'uno con la macchina che le garantisce le funzioni vitali. La chiama il suo «migliore amico», spiega che la scuola le manca, che le mancano i compagni, e lo gli occhi le si accendono quando il discorso di circostanza vira sul cantante Marco Carta. Una foto del nuovo idolo musicale occupa quasi un terzo dello specchio appeso alla parete, e Sharon ammette, «incontrarlo sarebbe un sogno». Un sogno come quello del suo papà. Il sogno di avere un lavoro per alimentare la speranza di salvare Sharon, di offrirle una vita normale.

di VINCENZO GAROFALO

Venerdì 11 dicembre 2009 07.31

Articolo tratto http://unionesarda.ilsole24ore.com/

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