Un Doblò per Totò

03 luglio, 2009

Chiedo che cambino le cose, altrimenti continuo lo sciopero della fame!

(Intervista ad Alessandra Incoronato)

 

«Basta chiamarci "categorie protette", con 254 euro al mese di pensione! Basta lasciarci morire lentamente nella solitudine! Chiedo un impegno scritto dal mondo della politica, altrimenti la mia protesta continuerà!». È dal 25 maggio che Alessandra Incoronato - presidente di un'associazione in provincia di Roma, persona con grave disabilità - conduce uno sciopero della fame, che ha già avuto serie ripercussioni sulla sua salute. Anche in questo caso, come in quello di Lorenzo Milano da noi seguito nelle scorse settimane, auspichiamo che si possa giungere in tempi rapidi a una risoluzione che porti a interrompere un'azione così estrema

La redazione di Superando ha seguito con estrema attenzione, durante la scorsa settimana, la protesta condotta da Lorenzo Milano, persona con disabilità che stava manifestando ormai da due mesi davanti alla Camera dei Deputati per l’innalzamento delle pensioni di invalidità, conducendo uno sciopero dei medicinali particolarmente rischioso alla luce delle sue patologie (se ne legga cliccando qui). Il 26 giugno scorso, dunque, quando anche il nostro sito aveva ribadito l'urgenza di un'azione che potesse mettere fine a questa iniziativa, Lorenzo Milano - a seguito della rassicurazione riguardo a un rinnovato interesse da parte del Parlamento ad esaminare in tempi rapidi una proposta di legge in grado di rispondere alle istanze che avevano generato la sua protesta - ha scelto di interrompere lo sciopero.
Proprio al termine di questa vicenda - conclusasi fortunatamente con ripercussioni non troppo gravi per la salute di Lorenzo - siamo venuti però a conoscenza della protesta e dello sciopero della fame indetto dal 25 maggio da Alessandra Incoronato, presidente dell’Associazione Diritto alla Vita ONLUS, persona con disabilità che rivendica pure l'assoluta inadeguatezza delle attuali pensioni di invalidità. Abbiamo ascoltato le ragioni che l'hanno spinta a questo sciopero e riportiamo il colloquio avuto con lei in queste ore, con l’auspicio che anche in questo caso si possa giungere in tempi rapidi quanto più possibile a una risoluzione che porti a interrompere questa azione così estrema
. (Giuliano Giovinazzo)
Ombra nera di persona in carrozzina su sfondo arancione
Alessandra Incoronato, cosa l'ha portata a intraprendere questo sciopero della fame che già sta avendo delle ripercussioni molto serie sul suo stato di salute?
«Diciamo che tutto comincia dieci anni fa, quando ho iniziato a lottare anche attraverso forme di sciopero della fame per il riconoscimento dell’assistenza personale per le persone con disabilità e per il diritto a una vita dignitosa. Quale presidente dell’Associazione Diritto alla Vita, ho incontrato in quegli anni moltissime persone con disabilità del nostro territorio [Santa Marinella, in provincia di Roma, N.d.R.], assistendo a cose difficili da immaginare e soprattutto da dimenticare. Persone abbandonate completamente a se stesse, molte delle quali sono purtroppo morte a causa delle complicazioni dovute a questa condizione desolante».
Il 25 maggio era insieme a Lorenzo Milano per manifestare davanti al palazzo della Camera dei Deputati e proprio da quel giorno ha smesso di alimentarsi, è corretto?
«Il 25 maggio - dopo un lungo lavoro di preparazione attraverso il quale ho cercato di mettere in allerta sulle mie intenzioni le associazioni delle persone con disabilità - ho cominciato effettivamente lo sciopero della fame. Purtroppo dopo tre giorni ho corso seriamente il rischio di andare in coma ipoglicemico e ho dovuto ricominciare a mangiare qualcosa. Un omogeneizzato e due succhi di frutta. Questa mia attuale dieta ha poi causato un blocco intestinale che, di conseguenza, ha fatto sì che non potessi definitivamente riprendere a manifestare in Piazza Montecitorio. Ma non ho voluto comunque arrendermi».
Quindi ha continuato da casa a condurre questa forma di protesta.
«Sì, anche perché d’altra parte avevo la necessità anche dal punto di vista economico di tornare a lavorare. Questa battaglia non è però personale, ma rispecchia tutto quello che ho visto in questi dieci anni. Fino ad ora le lotte condotte, su un territorio relativamente piccolo, sono riuscita a portarle a termine spesso con un esito positivo, speriamo possa accadere così anche questa volta».
Il motivo principale che l'ha spinta a questa protesta è quindi questa discriminazione diffusa che ha potuto testimoniare, ma soprattutto la necessità di innalzamento delle pensioni di invalidità, condizione che potrebbe alleviare situazioni di estremo disagio.
«Il motivo principale sta proprio nella rabbia e nell’ingiustizia che provo riguardo a queste pensioni ridicole. Ci chiamano "categorie protette", ma con 254 euro al mese - soprattutto le persone più sole - come si fa a sopravvivere? Tra l’altro, nel mio specifico caso - ma credo che accada per molte altre patologie - i medicinali non vengono passati tutti come mutuabili, o neanche ad esempio i cerotti antidecubito, incidendo ulteriormente sul reddito di un nucleo familiare. Il mio obiettivo comunque è l’innalzamento delle pensioni, ma anche l’obbligo da parte dei Comuni a riconoscere servizi di assistenza alle persone con disabilità».
Posso chiederle a cosa è dovuta la sua disabililità?
«Io ho un'amiotrofia spinale di tipo 2, patologia molto simile alla distrofia muscolare».
Questo ci preoccupa ulteriormente. Cosa potrebbe portarla a interrompere lo sciopero?
«Solamente il cambiamento di questa situazione. Mio marito è disperato e mi dice di non andare oltre, anche perché ritiene che il fatto di non poter essere più a protestare davanti a Montecitorio potrebbe diminuire l’impatto della mia iniziativa. Per me è la stessa cosa. Continuo a scrivere, a dare visibilità a questa protesta attraverso canali quali Youtube e Facebook. Ho persino presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Roma e di Civitavecchia, nel quale denuncio il Governo per omissione di soccorso e omicidio colposo per ciò che potrebbe succedere a me o a tutte le persone con disabilità che letteralmente muoiono di fame».
Denuncia quindi nel complesso questa condanna all’impoverimento delle famiglie che hanno al loro interno una persona con disabilità.
«Assolutamente sì. Moltissime persone con disabilità  non possono permettersi una vita autonoma. Io sono fortunata, ho mio marito, due assistenti, e per questo ho già fatto scioperi della fame per me e per gli altri. Non riesco però a capire perché nessun parlamentare, dopo che la nostra protesta è anche andata in onda in un servizio del TG5, si sia fatto avanti.
Anche dall’associazionismo non ho avuto le risposte che mi aspettavo. Chi mi sta aiutando è Luca Faccio, persona con disabilità che anche attraverso il suo blog si sta dando da fare per supportarmi. Anche lui mi dice di sospendere, ma sinceramente non credo che lo farò».

Rimane stupita, quindi, di una sorta di silenzio generale, dei politici, ma anche dell'associazionismo?
«Questa è una cosa triste per me. Molti all’interno delle associazioni sostengono che quello che stiamo facendo è un po’ un'utopia, ma io non la vedo così. I soldi ci sono, anche a costo di andare a ridurre i benefìci di cui godono i nostri stessi politici. Si deve fare qualcosa».
Ho parlato con Lorenzo Milano al termine del suo sciopero. Mi ha riferito di un colloquio avuto con un rappresentante delle Istituzioni, che di fatto gli ha assicurato una stretta da parte del Parlamento per discutere una proposta di legge che porterebbe alla modifica dell’ammonto delle attuali pensioni. Qualora questo impegno  divenisse ufficiale la cosa potrebbe indurla a smettere?
«Io vorrei parlarci con un politico. Vorrei spiegargli qual è la nostra situazione. Vorrei solamente essere ricevuta, perché non sono un cane. Eravamo lì fuori il 25 maggio, avrebbero potuto farmi entrare. Avrei voluto con tutto il cuore continuare ad essere lì giorno e notte».
L'appello quindi che possiamo lanciare è che qualcuno delle Istituzioni si metta in contatto con lei, attraverso l'indirizzo di posta elettronica alessandraincoronatoinrame@yahoo.it.
«Spero tanto che quello che hanno detto a Lorenzo Milano possa essere vero, ma mi sembra un po’ un contentino. A me devono dare una conferma. Un impegno scritto in cui dicono che le cose cambieranno, perché secondo me, ribadisco, assistiamo a dei continui omicidi che commette il Governo, e continue sofferenze aggiunte a una situazione che già spesso è di sofferenza; è veramente una cosa ingiusta; io sinora ho sperato di poter cambiare le cose, ma a parte le promesse elettorali non succede mai nulla.
Ripeto, la cosa più vergognosa è che ci chiamano "categorie protette". L’unica cosa che fanno per noi è prenderci in giro. Mi sembra di essere tornati nel MedioEvo, prima ci bruciavano, e ora invece ci fanno morire lentamente. Per questo ho accumulato molta rabbia, sentimento che non fa parte di me e che non vorrei mai mi appartenesse».
Anche l'invito della nostra Redazione - anche alla luce della serietà della sua patologia - non può che essere una raccomandazione a porre attenzione a quanto questa iniziativa possa mettere a rischio la sua condizione di salute.
«Mio marito mi dice: "Sei pazza, mi vuoi lasciare solo", ma gli rispondo che invece morirei proprio se non facessi questa cosa, perché ho visto troppa gente soffrire, o gente che vorrebbe farsi una vita da sola e invece non può, costretta a  vivere con la mamma e il papà; e quando non ci sono più mamma o papà li rinchiudono nei manicomi, che chiamano adesso istituti. Io ho vissuto una vita "normale", e mi ritengo fortunata nonostante la mia malattia, ma non riesco a continuare la mia esistenza pensando che le Istituzioni continuino a commettere - come ho denunciato - questi omicidi».

2 Luglio 2009

Articolo tratto da www.superando.it

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