Un Doblò per Totò

25 aprile, 2009

La terra si spacca sul Velino

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Ecco l’epicentro delle ultime forti scosse, i geologi studiano le faglie.

 

 

ROCCA DI CAMBIO. Le faglie sono quasi sulla vetta, a quota 2400. Hanno spaccato terra e neve ghiacciata, creando crepe larghe fino a venti centimetri, lunghe decine di metri e profonde non si sa quanto. Il terremoto passa anche sul Velino, la terza montagna dell’Appennino, e mostra quelli che sembrano strappi su un vestito. Quassù, da giorni, si trova uno degli epicentri dello sciame sismico che non dà tregua. Qui la terra ha tremato sei volte in meno di 48 ore, fino a magnitudo 4.


IL FENOMENO.

Lo studia l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Anche nel “distretto sismico”� del Sirente-Velino, come lo chiamano gli esperti, sono state disposte delle stazioni per monitorare che cosa sta avvenendo. Che cosa è accaduto, invece, lo mostrano le foto scattate quasi sulla vetta del Velino: in più punti la superficie terrestre si è rotta. I geologi stanno studiando sia la lunghezza che la profondità delle faglie, anche se le operazioni sono complicate dall’abbondante presenza di neve.


UN CASO SIMILE. A Onna, paese martoriato dal sisma del 6 aprile: su un terreno in periferia sono comparse crepe lunghe cinquanta metri e larghe trenta centimetri.


IL MONTE TREMA. Sul Velino-Sirente, dall’inizio dell’anno e fino a due giorni fa, c’erano state dodici scosse. Nelle ultime 48 ore ne sono state registrate sei, due delle quali giovedì con magnitudo 4. Terremoti avvertiti nell’Aquilano, nella Marsica e anche sulla costa. Terremoti che hanno fatto tornare la paura (altre quattro scosse, ieri, sono state avvertite sui monti della Laga, nella Valle dell’Aterno e due nell’Aquilano).


L’EPICENTRO E’ QUI. Si trova a Rocca di Cambio, il paese più alto dell’Appennino. «Il terremoto ci gira intorno», evidenzia Annamaria Di Stefano, con il braccio rotto legato al collo. Rotto dopo una caduta in seguito al sisma del 6. «Vorremmo tanto sapere che cosa sta succedendo sotto i nostri piedi», riprende, «questa situazione è logorante». La paura è sui volti di

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Giuseppina Sulpizi e Giuseppina Di Stefano: «L’altra notte c’è stata l’u ltima forte scossa», precisano le donne, ospitate in quello che doveva essere il Museo del lupo.


STATO DI ALLERTA. Rinaldo Calce è arrivato dalla provincia di Padova. Fa parte del gruppo Radio Piovese ed è uno dei tanti volontari diventati gli angeli custodi dell’Abruzzo. «C’è uno stato di allerta giorno e notte», sottolinea Calce, «la tensione è tanta per via di queste continue scosse. Siamo in costante contatto con il Centro operativo mobile e con la sala emergenze allestita all’Aquila».


PAURA E NON SOLO. Il 90% delle abitazioni di Rocca di Cambio è lesionato. Così tutto il paese è sfollato. Duecento residenti sono in una tendopoli, gli altri sono fuggiti, preferendo gli alberghi della costa. «Perché qui ci sono undici mesi di freddo e uno di fresco», è il commento amaro di Angelo Riccucci, «negli ultimi giorni la temperatura oscillava tra zero e due gradi. Giovedì mattina è caduta la neve». Il freddo e la paura per il terremoto sono diventati nemici a Rocca di Cambio. Lo sottolinea anche Roberto Luchetti, in fila davanti alla tenda che ospita l’ambulatorio medicol.

In fila, insieme a tanti altri paesani, per misurare la pressione. «C’è paura e poi qui fa freddo», dichiara Luchetti, «le stufe che abbiamo non sono sufficienti a riscaldare le tende. E poi ci sono tanti altri problemi». Di notte e con queste temperature è praticamente impossibile andare in bagno perché c’è da attraversare quasi tutto il centro d’accoglienza. Una doccia diventa un sacrificio se si deve uscire all’aperto in accappatoio. E non di rado finisce l’acqua potabile.


SEGNO DI NORMALITA’. Lo offre Roberto Morgante dello Ski bar, l’unico locale aperto. «Ma viviamo con la paura e con le porte sempre aperte», dichiara, «abbiamo la dignità e la voglia per ripartire. Però ci sono tanti problemi: penso ai bimbi e agli anziani che si ammalano, costretti a stare sotto le tende».


«SUBITO LE CASE». Il sindaco Antonio Pace rivolge un appello alla Protezione civile: «Entro settembre dobbiamo avere le case, almeno in legno. A ottobre nevica e non possiamo passare l’inverno nelle tende. Siamo il comune più alto dell’Appennino e in questi giorni di maltempo le difficoltà sono notevoli».

E A ROCCA DI MEZZO? Nell’altro comune dell’a ltopiano del Velino-Sirente è inagibile la metà del patrimonio immobiliare. Gli sfollati sono un migliaio, dislocati in quattro tendopoli (Rocca di Mezzo e le frazioni di Terranera, Fontavignone e Rovere). Anche qui il freddo è il nemico numero uno. Per questo il sindaco Emilio Nusca fa una proposta: «La Protezione civile può requisire le seconde case, quelle delle vacanze, pagare un congruo affitto e ospitare gli sfollati».

di Roberto Raschiatore

(25 aprile 2009)

Articolo tratto da http://ilcentro.gelocal.it/

 

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