Un Doblò per Totò

11 luglio, 2010

I tagli uccidono il federalismo regionale addio a 5 miliardi di autonomia impositiva

image I governatori Errani, Formigoni e Polverini

I trasferimenti da fiscalizzare non ci sono più: sono stati già sforbiciati dal decreto. Emendamento-beffa del governo: nella costruzione federalista non si calcola la manovra

 

ROMA - L'espressione più densa di sarcasmo e un po' macabra, l'ha usata il governatore della Puglia, Nichi Vendola, venerdì scorso, il giorno della rottura tra le Regioni e Tremonti. "Faranno il federalismo col morto", ha detto. Non è andato tanto lontano dalla realtà perché nella battaglia delle cifre che segna ormai da mesi il federalismo fiscale ci sono pochi punti fermi e - è bene dirlo subito - la manovra d'estate e il mancato accordo, rischiano di ammazzare anche quelli.
Il primo punto fermo è un numero che compare nell'"Allegato 2" elaborato dalla Copaff, cioè la Commissione tecnica paritetica per il federalismo fiscale, che il 30 giugno ha corredato di cifre la relazione presentata dal ministro dell'Economia Tremonti. La tabella ci dice che i trasferimenti alle Regioni che devono essere soppressi, per lasciare il posto alla fiscalizzazione, cioè alla trasformazione in gettito tributario (ovvero regolari e affidabili compartecipazioni alle tasse che lasceranno le mani libere alle Regioni sul piano finanziario), valgono 7,4 miliardi.
Significa che tolti sanità, assistenza, istruzione e trasporti, che la Costituzione considera funzioni fondamentali e che non saranno finanziate con la fiscalità regionale, restano una serie di funzioni (turismo, imprese, famiglia, sostegno agli affitti, politiche giovanili, montagna e protezione civile) la cui gestione finanziaria (spese e tasse) passerà alle Regioni.
Come si è arrivatia questa cifra? Dai trasferimenti che lo Stato dà alle Regioni (pari a 96,5 miliardi) sono state tolte sanità, assistenza e istruzione. Ma l'operazione non è stata semplice perché è stato necessario verificare un requisito in più sulla cifra emersa: le somme "fiscalizzabili" devono essere strutturali e permanenti. Altrimenti come trasformare in "tasse" delle spese una tantum?
Così si è scoperto che i già esigui 7,4 miliardi, che dovrebbero essere l'embrione del federalismo, non sono tutti disponibili e nemmeno strutturali. Intanto ci sono 1,8 miliardi di fondi relativi a competenze regionali ma che sono nelle mani di vari ministeri e di Palazzo Chigi che non vogliono cederli. Altri fondi - 756 milioni - sono poi la ragione stessa della vita di altri ministeri (politiche giovanili, famiglia, protezione civile e montagna): difficili da cedere. Infine, la polpa e la sorpresa: 4,8 miliardi, strutturali e finanziati, relativi alle deleghe appartenenti alle Regioni e trasformabili da trasferimenti in gettito fiscale "puro e responsabile".
Ma ecco il colpo di scena finale. La cifra di 4,8 miliardi è quasi uguale a quella tagliata dalla manovra, ovvero 4,5 miliardi. Il federalismo viene ucciso nella culla. Perché il taglio è strutturale e dunque non si potrà fiscalizzare nulla. Così il decreto attuativo del federalismo, atteso per maggio 2011, rischia di non avere alcuna base. Se ne è accorto anche il governo che, paradossalmente, ha aggiunto un comma all'articolo 14 della manovra che recita: "In sede di attuazione dell'art. 8 della legge 42, in materia di federalismo fiscale, non si tiene conto del primo e del secondo periodo del presente comma". Altrimenti il federalismo sarebbe veramente una costruzione metafisica.

di ROBERTO PETRINI

(11 luglio 2010)

Articolo tratto da www.repubblica.it

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