Un Doblò per Totò

20 gennaio, 2010

Il diario/ Non mangio gelati e pasta per non ingrassare

Vorrei essere autonomo, ma invece dipendo dagli altri. Mi chiamo Alessandro e sono nato con una malattia genetica: la distrofia muscolare di Duchenne che mi costringe a vivere sulla sedia rotelle da ormai sedici anni. Ogni mattina, quando apro gli occhi, penso che mi aspetteranno infinite difficoltà. Sempre le stesse che ormai ho imparato a sopportare. Ma penso che ci vorrebbe davvero poco per superarle per regalare a noi disabili una vita dignitosa. Non amo essere trasportato, anche se mio padre ha acquistato un furgoncino con pedana attrezzata spendendo più di 4mila euro.
A volte evito di mangiare il gelato, la pasta o il pane per non ingrassarmi altrimenti fanno fatica a prendermi in braccio. Frequento il terzo superiore di un istituto professionale a Roma, nel quartiere Bufalotta. Ho scelto questa scuola perché dista da casa mia 500 metri. La strada che devo percorrere non ha i marciapiedi ed è piena di buche, quindi sono costretto a camminare in mezzo alla strada contromano e riconosco che è pericoloso perché alcune auto in curva possono anche non vedermi seduto sulla carrozzina. Per fortuna, ad accompagnarmi c’è anche il mio amico Andrea. Arrivati in classe, mi toglie il cappotto, mi accompagna al banco e mi tira fuori i libri dallo zaino. Non mi abbandona mai. La nostra è una vera amicizia. Ma oltre Andrea, ci sono altre persone che con gli anni sono diventati i miei fratelli maggiori. Sono i ragazzi della cooperativa Eureka I che lavorano nel IV Municipio. Si prendono cura di me, ogni giorno. E io ho bisogno di loro. Sono i miei angeli custodi.
Mi assistono a scuola e a casa dove giochiamo al computer o alla play station. Non esco quasi mai. È impossibile girare per la città. Le auto si fermano ovunque, soprattutto davanti agli scivoli dei marciapiedi sulle strisce pedonali. Quando sto in macchina con mio padre spesso non riusciamo a parcheggiare. I posti riservati ai disabili sono sempre occupati da altre auto senza permesso. E io vedo mio padre arrabbiarsi, ma non posso fare nulla. Questa non è un segno di civiltà. L’idea di prendere i mezzi pubblici mi angoscia. Quasi tutti hanno le pedaline rotte.

Oggi, ad esempio, c’è stato l’ennesimo problema: sono andato in gita con la scuola alla mostra di Leonardo a Palazzo Venezia, sono passati cinque bus tutti con la pedalina rotta. I miei insegnanti sono stati costretti a chiamare un numero verde dell’Atac che ha inviato un pulmino speciale. Poi gli ascensori del museo erano rotti e io sono rimasto prigioniero per oltre 2 ore in attesa che venisse riparato il danno. Ogni volta succede qualcosa. Ma basterebbe davvero poco per facilitarci la vita quotidiana. L’anno scorso una docente precaria chiamava il pulmino anticipando le spese. Mio padre lo ha scoperto solo più tardi. Ha provato a chiedere alla mia scuola di occuparsi di questo servizio, ma non è stato possibile.

di ALESSANDRO C.
(a cura di valeria forgnone)

(19 gennaio 2010)

Articolo tratto da http://roma.repubblica.it

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