Un Doblò per Totò

25 giugno, 2009

"Di nuovo in tenda dopo la scossa"

 

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Il diario di Parisse: angoscia e impotenza aspettando l'alba

 

L'AQUILA. Sono le 21 di un giorno di ordinaria paura. Paura del terremoto. Mentre scrivo non so ancora dove dormirò. Dal sei aprile sono stato accolto a Pizzoli nella casa di mio cognato. E' un edificio in cemento armato. Dopo un mese fra tenda e macchina non ce l'ho fatta più e ho deciso di dormire dentro. Fino a due giorni fa.
Lunedì sera poco prima delle 23 la "botta" è arrivata forte. Dentro di me per un attimo ho avuto quella terribile sensazione: di impotenza. Stavo per andare a letto per un'altra notte in cui i pensieri ti si affollano e i ricordi ti levano il fiato. Ma il terremoto non ti dà tregua: mi ha già tolto tutto e ora deve togliermi anche la possibilità di pensare. Sì perché se hai paura che la casa ti crolli addosso eviti anche gli incubi: la vita diventa un incubo costante. La normalità della tragedia. Decido quello che hanno deciso molti di coloro che erano riusciti a tornare a casa: no stanotte non si dorme dentro. Ripensi a quei venti secondi di terrore, ma soprattutto alle ore che li avevano preceduti. E tutto un susseguirsi di se: se avessi pensato... Se qualcuno mi avesse detto.... Se avessi deciso di.... Ma i se non servono e allora eccone un altro: se c'è stata una botta così forte potrebbe essercene un'altra. Sono scettico ma non c'è spazio per troppe riflessioni. Allora vado a dormire in tenda. Ma sono inquieto. Cerco di capire se in giro ci sono stati danni. L'epicentro, mi segnalano i colleghi della redazione di Avezzano, è proprio a Pizzoli. Uno di loro scherza ma non troppo: stai seduto sulla faglia.
Decido di fare un po' di telefonate ai miei amici "corrispondenti" dai vari paesi dove sono stato negli ultimi due mesi.
Prima chiamo però mia madre e mio fratello: mi rassicurano.
A Campotosto cerco il vicesindaco Giovanna De Angelis che mi dice: apparentemente non ci sono stati ulteriori danni ma qui la gente è scesa in piazza. Mi richiama Assunta Perilli che mi conferma che, nel paese del lago, il terremoto fa paura e quasi tutti hanno deciso di stare fuori.

Mi chiama Maurizio Panepucci da Bazzano: lo avevo cercato per altri motivi e colgo l'occasione per farmi dire cosa sta accadendo. Nei primi momenti dopo la scossa si era parlato di crolli proprio a Bazzano. Maurizio mi dice che forse sì, nel centro storico potrebbe essere caduta qualche altra cosa ma nulla di drammatico. La gente però è uscita dalle tende. Si perché quella che ti prende è la voglia di scappare anche se sei in un luogo sicuro. I colleghi del Centro mi parlano di crolli anche a Bagno, qualcuno ha fatto girare la voce che forse c'è una vittima. Dio mio, penso fra me e me: non è possibile. Non voglio crederci e allora verifico.
A Bagno cerco Tonino De Paolis. E' quasi mezzanotte. Ma non c'è problema. Si alzi in piedi un aquilano che lunedì notte ha dormito o ha spento il cellulare, ultima arma contro la solitudine della paura. Tonino lo avevo incontrato domenica mattina in piazza Duomo durante la "cerimonia" della riapertura del centro storico. Aveva letteralmente inseguito Guido Bertolaso per strappargli un impegno: quello di andare nella tendopoli di Bagno per spiegare agli sfollati che tipo di futuro devono attendersi.
De Paolis risponde: è appena tornato nel camper, ha fatto un giro in paese per capire se era successo qualcosa. Per fortuna mi esclude che possano esserci stati feriti o altre tragedie. Qualche casa già danneggiata potrebbe aver peggiorato ancora di più la sua "staticità". Ma il problema vero è psicologico. Nelle tende è già difficile stare. Se ti assale la paura diventa un inferno in terra. E' questo il dramma dei terremotati: senza casa, senza futuro, sensazione di precarietà, cuore in gola.
Mi attacco alla radiolina portatile. E' uno dei consigli previsti dal decalogo per far fronte al terremoto: quello di cercare di informarsi, oltre che avere sempre pronta una lampada a batteria.
Ascolto i notiziari Rai di mezzanotte e dell'una. Solite frasi fatte: scossa di magnitudo 4.6, nessun danno segnalato.

Cerchi di appisolarti ma è impossibile. A tenerti in allerta ci pensano altre due scosse: meno forti di quella delle 23 ma sempre inquietanti.
Aspetti che arrivi l'alba. Un altro giorno da portare avanti.
A metà pomeriggio di martedì mi chiama un amico. Qualcuno ha fatto una previsione: entro 24 ore ci sarà una scossa ancora più forte di quella del sei aprile. Mi consiglia di dormire in tenda. Gli rispondo che lo farò ma non ne sono convinto. A sera cerco di vedere qualche telegiornale. Ecco che riappare il sismologo di turno. Il cronista gli fa delle domande precise. Le risposte sono vaghe. Dire a migliaia di persone che da sei mesi vivono dentro il terremoto che «siamo in uno sciame sismico» con scosse che «potrebbero durare ancora per altri mesi» e che potrebbero essere anche più o meno simili per intensità a quelle già viste e sentite è come dire: fate un po' voi.
Infatti i terremotati hanno capito che devono fare da soli: meglio in tenda che rischiare di morire.
Ora inizia un'altra notte. In attesa dell'alba e delle scosse. Quando finirà tutto questo?

di Giustino Parisse

(25 giugno 2009)

Articolo tratto da http://ilcentro.gelocal.it/

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